POSA IN OPERA - SEZIONE TECNICA

TECNICHE TRADIZIONALI

POSA IN OPERA - SEZIONE TECNICA

TECNICHE TRADIZIONALI

TECNICHE TRADIZIONALI DI POSA IN OPERA

Si considerano tradizionali quelle tecniche di posa in opera oramai in uso da diversi decenni che si basano sulla giustapposizione degli elementi lapidei tramite uno strato legante costituito da malta o colla, eventualmente anche con l’impiego di zanche o grappe di ancoraggio.

Queste tecniche si caratterizzano per la messa in opera contemporanea in un unico processo sia della pietra naturale che del suo strato di allettamento, senza la preliminare realizzazione di un massetto.

LA POSA A FRESCO

Denominata anche posa a malta, posa a sabbia e cemento, posa a pastina, posa fresco su fresco, consiste nella messa in opera contemporanea in un unico processo sia della pietra naturale che del suo strato di allettamento, senza la preliminare realizzazione di un massetto.

Queste tecniche sono assai note e collaudate essendo state applicate dai tempi dell’Antica Roma fino ad oggi praticamente immutate, ovvero con la sola sostituzione secondo disponibilità del periodo, di legante ed inerte costituenti l’impasto di allettamento. Ciò o si traduce in una indubbia garanzia di durata nel tempo, spesso non ancora eguagliata dai prodotti della moderna industria.

Il sistema di posa a fresco può essere adottato su superfici irregolari e dunque non perfettamente planari, necessita di uno spessore utile di posa (allettamento + pietra) non inferiore ai 5-6 cm già considerando uno spessore minimo pari a 2 cm per il materiale lapideo impiegabile, esso dovrà possedere adeguate resistenze fisiche, non risultare particolarmente assorbente o soggetto a macchiatura o efflorescenze. Questo sistema comporta un doppio risparmio economico: evitando la realizzazione del massetto cementizio e, con i giusti spessori utili di posa, permettendo l’impiego di materiali lapidei a spessore variabile, come i piani naturali, che risultano sempre meno costosi qualora confrontati a materiali a spessore costante e finitura del piano di calpesto.

I tempi di esecuzione sono sensibilmente ridotti in quanto non è necessario attendere la realizzazione e la successiva completa stagionatura (min. 28 giorni) del massetto in calcestruzzo, anche l’applicazione del rivestimento lapideo risulta veloce se affidata a posatori esperti.

Particolarmente indicata per la realizzazione di pavimenti in esterno questo sistema di posa deve essere affidato ad aziende specializzate richiedendo una più alta struttura organizzativa per quanto concerne attrezzature, macchinari, efficace gestione del cantiere e dell’approvvigionamento continuo dei materiali di consumo. Risulta inoltre di fondamentale importanza disporre di posatori con un elevato grado di qualifica e di esperienza che oltre a possedere una tecnica di lavoro adeguata dovranno avere una buona conoscenza dei materiali utilizzati (tipi di sabbia, cemento, pietra) per gestirne al meglio i comportamenti in funzione dei metodi e delle condizioni climatiche di applicazione.

I principali metodi di posa a fresco prevedono l’impiego di:

1. Malta cementizia

Lo spessore necessario per la posa deve prevedere tra i 4 e i 6 cm per l’allettamento più le spessore della pietra naturale prescelta; questo sistema di posa è il più adatto a compensare elevate differenze di spessore negli elementi lapidei come ad esempio per il Porfido, la Pietra di Luserna ed in generale i materiali a piano naturale di cava.

I materiali occorrenti per la formazione degli allettamenti in malta sono: cemento Portland 325, acqua, sabbia naturale vagliata oppure frantumata di cava aventi granulometria 0-4 mm oppure 0-6 mm.
L’ impasto grasso, ottenuto miscelando cemento Portland 325 in dose da 250 a 350 kg di per ogni m³ di sabbia è steso in modo sufficiente per allettare una limitata porzione di pavimentazione, solitamente un paio di elementi o pochi più a seconda della pezzatura degli stessi. L’elemento lapideo trova quindi la sua collocazione definitiva tramite posizionamento e battitura con martello di gomma.

Per le operazioni di sigillatura si impiega una boiacca densa, formata da un impasto di cemento Portland o bianco, miscelato con acqua ed una ridotta parte di sabbia vagliata e lavata avente granulometria 0-2 mm. Quando il pavimento ha raggiunto la compattezza necessaria per potervi camminare (di solito dopo 24 ore dalla posa) si può procedere alla sigillatura delle fughe colando la boiacca cementizia direttamente nelle fughe mediante innaffiatoi. Una volta raggiunto il giusto grado di indurimento si provvede all’asportazione del materiale in eccesso mediante cazzuola, salvo poi ultimare la rifinitura delle superfici impiegando spugna e acqua pulita o in alternativa strofinando segatura lignea mediante scope di saggina.

Per approfondimenti su utilizzo e posa di pavimentazioni in porfido si rimanda alla bibliografia edita dall’E.S.Po - Ente Sviluppo Porfido che tratta in maniera molto esauriente tali tematiche, differenziando la posa di: lastre irregolari per la realizzazione di Opus Incertum, lastre regolari per Lastricati, cubetti per Pavé, ciottoli per Selciati.

2. Malta con spolvero di cemento

Lo spessore necessario per l’allettamento deve essere variabile tra 4 e 8 cm; questo sistema di posa è applicato soprattutto quando è necessario adattare le quote di cantiere a quelle di progetto anche compensando differenze di spessore negli materiali lapidei.
Non indicato con materiali lapidei assorbenti, soprattutto se di colore chiaro e spessore contenuto.

Per la composizione della malta si miscela il cemento in dosi di 300 kg ogni m³ di inerte con l’apporto di acqua fino ad ottenere una malta di consistenza simile alla terra umida, si può quindi aggiungere calce idrata per migliorare la lavorabilità dell’impasto.Il sottofondo di posa esistente deve essere il più possibile livellato e, qualora si tratti di un esterno, seguire le pendenze della pavimentazione finita, la superficie deve essere pulita anche da polvere e residui di lavorazioni e deve essere bagnata bene con acqua pulita, possibilmente con un getto tipo “annaffiatoio” evitando qualsiasi ristagno.
Dopo aver controllato i livelli, si procede alla formazione delle fasce di riferimento realizzate in malta, posizionando successivamente con una certa rapidità oltre che precisione, la malta di allettamento tra le fasce stesse. Si procede livellando la malta con una staggia in alluminio e spolverando la superficie di posa con cemento (bianco o Portland secondo il litotipo). La superficie inferiore dell’elemento lapideo deve essere perfettamente pulita e inumidita per consentire una perfetta presa, le lastre andranno quindi posizionate secondo i disegni e le geometrie di posa sullo spolvero ancora fresco e battute con martelli di gomma finché non risulteranno complanari alle lastre adiacenti.
Durante tutte le fasi di lavorazione si deve operare con cura affinché la pavimentazione risulti pulita.

Per le operazioni di sigillatura si adopera una boiacca molto densa, formata da un impasto di cemento Portland o bianco, miscelato con acqua ed una ridotta parte di sabbia vagliata lavata avente granulometria 0-2 mm; in alternativa è possibile prevedere l’impiego di stucchi o resine colorate preconfezionate ma compatibilmente con la larghezza delle fughe da sigillare che dovrà essere limitata a pochi millimetri, nonché alla pezzatura e finitura degli elementi lapidei impiegati. Quando il pavimento ha raggiunto la compattezza necessaria per potervi camminare (di solito dopo 24 ore dalla posa) si può procedere alla sigillatura delle fughe. Prima si inumidisce la superficie quanto basta (senza creare ristagni e tenendo conto delle condizioni atmosferiche e del tipo di litotipo); quindi, sopra tutta la superficie, si versa la boiacca o lo stucco, in consistenza liquida, stendendo con spatoloni di gomma direzionati a 45 gradi rispetto alle fughe, fino a completa saturazione di tutti i vuoti presenti; si procede quindi ad un’accurata pulizia finale ottenuta mediante spatoloni gommati e spugne bagnate in acqua.

3. Malta semisecca e boiacca di cemento.

Questo sistema, molto simile al precedente, si differenzia per le indicazioni di utilizzo: garantendo una totale adesione della superficie inferiore delle lastre allo strato di allettamento è maggiormente indicato quando oltre a dover adattare le quote di cantiere a quelle di progetto, è prevista la posa di elementi di grande formato o poco porosi, oppure sottoposti a consistenti sollecitazioni (ad esempio quelle trasmesse da ruote in movimento di automezzi).

Nelle operazioni di posa si procede in maniera analoga al metodo precedente per quanto riguarda materiali e formazione degli impasti; una volta giustapposto l’elemento da posare sull’allettamento si procederà battendo con un martello di gomma fino al raggiungimento della quota definitiva per poi rimuovere delicatamente l’elemento e cospargervi completamente la superficie inferiore con boiacca cementizia allo stato fluido, eventuale aggiunta di lattice. L’elemento andrà quindi riposizionato nella sua sede preformata e battuto uniformemente affinché si ottenga una solida adesione e perfette complanarità ed allineamenti.
Le operazioni di sigillatura sono svolte in modo identico al caso precedente.

4. Imbottitura e zanche di ancoraggio

Riservata agli interventi di rivestimento che prevedono l’impiego di lastre squadrate di medio grande formato fino ad un’altezza in elevato di un piano e con appoggio da terra.

Questa tecnica si basa sulla giustapposizione di singoli elementi, fissati uno ad uno alla struttura di supporto della muratura mediante zanche di ancoraggio in acciaio (preferibilmente inox) e un’imbottitura in malta bastarda. La funzione di sostegno è dunque svolta sia dagli ancoraggi che dall’adesione dall’imbottitura di allettamento. Gli elementi lapidei, appoggiando gli uni sugli altri, obbligano alla formazione di giunti sigillati con boiacca cementizia o stucchi ed all’utilizzo di lastre con spessore maggiore di tre centimetri al fine di garantire una maggior resistenza allo strappo.

Questo tipo di rivestimento per questioni di sicurezza non dovrebbe superare l’altezza di 3.5 m, a meno che non si proceda ad una progettazione dettagliata, configurando dei corsi lapidei di rinforzo a spessore maggiorato, aumentando il numero degli ancoraggi e sottoponendo ad accurata valutazione tutti i possibili fattori di degrado, quali umidità, infiltrazioni, escursioni termiche, dilatazioni.

LA POSA A COLLA

La posa a colla prevede la preliminare realizzazione di un adeguato massetto che in un secondo tempo andrà rivestito da un sottile strato di collante (3 – 5 mm) e dal materiale lapideo prescelto.

Avere un massetto preparato a regola d’arte è imprescindibile per questo sistema di posa che necessita di una superficie perfettamente planare e dello scrupoloso rispetto delle quote utili di posa, il sottile strato di adesivo non è infatti in grado di compensare eventuali irregolarità del sottofondo.

Il massetto dovrà garantire una resistenza coesiva a trazione ≥ 1,0 N/mm2, presentarsi compatto, planare, liscio in superficie, privo di fessurazioni, pulito, asciutto e cosa assai importante stagionato.

Per la stagionatura si rende necessaria un’attesa di almeno una settimana per ogni cm di spessore del massetto con un tempo minimo di 28 giorni; l’umidità residua presente nel massetto prima dell’applicazione del collante deve risultare < 4,0% per massetti cementizi; < 0,5% per massetti in anidrite.
E’ necessario rispettare scrupolosamente questi tempi e queste prescrizioni in quanto tutti i sottofondi si ritirano con una diminuzione di volume assai rapida nelle prime settimane e un conseguente “restringimento” del massetto di circa 1mm/metro lineare o anche più. La durata del ritiro è maggiore negli spessori elevati in quanto la quantità d’acqua contenuta che deve evaporare è superiore.

I principali vantaggi di questo sistema dipendono dalle proprietà del collante impiegato, che si di buona qualità garantisce:
  • maggiore adesione su materiali inassorbenti o sensibili;
  • maggiore adesione su materiali di grande formato e di spessore ridotto (da 1 a 2 cm);
  • flessibilità nei tempi di lavorazione, con possibilità di intervenire anche parzialmente mediante stacchi e riprese nelle operazioni di posa;
  • ridotti tempi di presa del legante e quindi rapidità di messa in esercizio con pedonabilità del pavimento già dopo uno o due giorni dalla conclusione della posa, caratteristica di fondamentale importanza per esercizi commerciali, uffici, strutture ricettive e in generale per tutti quei cantieri dove è indispensabile coordinare con esattezza la sequenza e ottimizzare i tempi;
  • possibilità di incollare elementi lapidei direttamente su un preesistente pavimento.

Il metodo di posa in due tempi mediante l’impiego di:

5. Collanti

Il sistema di posa prevede la messa in opera degli elementi di una pavimentazione o di un rivestimento a parete mediante un sottile strato di adesivo steso uniformemente sia sulla superficie di posa che sul retro dell’elemento lapideo (metodo della doppia spalmatura). Si tratta di una tecnica sviluppatasi nel campo della ceramica che negli ultimi decenni sta riscontrando successo anche per la posa dei lapidei.

Per applicazioni a pavimento è necessario disporre di materiali lapidei a spessore costante e sottofondi di posa particolarmente accurati specialmente per quanto concerne quote, consistenza e regolarità, lo strato di allettamento in colla consente difatti compensazioni veramente minime.

Una corretta scelta del tipo di adesivo è alla base di una corretta operazione di posa. La presenza in commercio di molteplici adesivi impone un’adeguata e costante informazione e prescrive lo scrupoloso rispetto delle indicazioni di posa prescritte delle aziende produttrici. La scelta dell’adesivo sarà fatta in base alle condizioni climatiche e di collocamento (in interno o in esterno), alla destinazione d’uso, alla composizione del sottofondo. Le ditte produttrici sono presenti sul mercato con prodotti che garantiscono una sempre maggior durata della presa nel tempo, elasticità, impermeabilità, resistenza agli sbalzi termici, nonché valori ragguardevoli di resistenza allo strappo.

Ad oggi si possono distinguere tre grandi famiglie tra i materiali collanti di maggior impiego per pavimentazioni e rivestimenti di pareti in materiale lapideo:

ADESIVI A BASE DI LEGANTI IDRAULICI NON MODIFICATI

Sono adesivi in polveri bianche o grigie da miscelare con acqua al momento dell’uso, composte da cemento, cariche, resine sintetiche. Questi adesivi hanno la capacità di trattenere l’acqua necessaria per idratare il cemento che contengono anche se usati in strato sottile, senza bagnare né il fondo né il materiale da posare. Questa tipologia di collanti è sconsigliata per la posa di materiali lapidei in quanto non sempre in grado di garantire una sufficiente aderenza specialmente quando il fondo degli elementi da incollare si presenta liscio e poco assorbente.

ADESIVI CEMENTIZI MODIFICATI

Sono adesivi in polveri bianche o grigie da miscelare con acqua al momento della posa (monocomponenti) o con lattice sintetico (bicomponenti). Si tratta di adesivi idraulici additivati in fase di produzione (con specifiche polveri) o in fase di posa (con liquidi in dispersione) a polimeri che conferiscono maggiore potere adesivo e maggiore elasticità. Sono indicati per la posa dei materiali lapidei sia all’interno che all’esterno, su sottofondi assorbenti e non, in caso di sollecitazioni da movimenti dilatatori o di esercizio, per applicazioni sottoposte ad acqua piovana o permanente (es. piscine) a gelo, temperature elevate, o con sensibili sbalzi termici giornalieri.

ADESIVI BICOMPONENTI A BASE DI RESINE REATTIVE

Sono adesivi bicomponenti che si presentano sotto forma di paste o di liquidi densi da miscelare con un reagente al momento dell’uso; sono costituiti da resine (poliestere, poliuretaniche, epossidiche) e da un prodotto indurente. I due componenti reagiscono chimicamente, indipendentemente dal contatto con l’aria o dal grado di assorbimento del materiale lapideo o del sottofondo. Sono utilizzati quando si devono raggiungere alti valori di resistenza o speciali prestazioni in conseguenza ad usi particolari o ad applicazioni in condizioni critiche (ad esempio su strutture altamente deformabili come scale in metallo, soggette a carichi concentrati elevati come magazzini di stoccaggio con transito di carrelli elevatori, su superfici in immersione realizzate con materiali sintetici come piscine prefabbricate).

Per la sigillatura delle fughe degli elementi lapidei posati a colla si impiegano solitamente stucchi o resine colorate,la superficie in vista deve essere tenuta perfettamente pulita da eventuali residui di adesivo o stucco tramite l’uso di una spugna umida.
I cookie permettono il funzionamento di alcuni servizi di questo sito. Utilizzando questi servizi, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra.
Leggi i dettagliAccetto